mercoledì 24 giugno 2009

dentro/fuori, l'alternativa e l'inganno

Lavoro da ormai 12 anni nel campo della formazione e della ricerca sociale.
12 anni di lavoro in cui si è stabilizzata e consolidata la collaborazione soprattutto con due committenti:
Amministrazione provinciale di Lucca e Proteo, un’agenzia formativa legata alla CGIL.
Committenti diretti, scatole-contenitori che finanziano attività e progetti e committenti-clienti, ASL, Comuni, Conferenze dei sindaci, associazioni, cooperative …
Diversi soggetti per tanti e molteplici luoghi di lavoro; spazi in cui si svolgono riunioni finalizzate all’avvio dei progetti e prima ancora ad un confronto su un’idea progettuale, magari corredata da una breve scheda, scritta a casa.
Lo studio è l’unico luogo in cui è possibile rintracciare appunti, progetti precedenti, articoli, materiali da lavoro che continuano ad accatastarsi nella piccola libreria regalata 5 anni fa dai genitori di Verano.
Oggi ho uno studio mio, una stanza di 20 mq che si affaccia su un balcone stretto e lungo che guarda la strada che attraversa il paese.
Scrivania e libreria sono allineate sulla parete destra in attesa del divano letto e della libreria bianca che prenderà tutta la parete spingendo la scrivania al centro.
Lo studio è una conquista recente perché per 10 anni la mia stanza da lavoro è stato l’ingresso della vecchia casa; la porta a vetri lo rendeva luminoso e gli spazi sembravano essere stati costruiti ad hoc per l’incastro dei mobili comprati separatamente e in momenti diversi.
La vetrina in noce nazionale , con i bicchieri di cristallo regalati per il matrimonio, era di fronte alla scrivania costruita artigianalmente da Verano, a destra la libreria.
Sopra la scrivania il poster di De Andrè che oggi è appoggiato per terra vicino allo stereo in attesa di una collocazione.
Lo studio-ingresso diventava anche la stanza da stiro.
I momenti in cui lo studio-ingresso diventava uno spazio solo mio erano la mattina, quando Verano e Paolo uscivano di casa, per andare a lavoro e a scuola, o la sera tardi quando entrambi erano a letto.
Quando dovevo scrivere, lavorare al p.c, lo facevo la mattina perché il tempo a disposizione era più lungo, anche se spesso i programmi fatti la sera saltavano perché il telefono prendeva sempre un tempo piuttosto consistente: telefonate della direttrice di Proteo, della tutor del circolo di studio, della docente del corso di…;
A ciascuna telefonata corrispondeva una richiesta diversa, un progetto diverso.
Nei giorni in cui mi ritrovavo alle 14.00 e mi rendevo conto che il tempo era scorso sul filo del telefono, chiudevo la mattinata facendo l’elenco dei progetti che mentalmente avevo ripercorso attraverso le telefonate nel tentativo di dare concretezza e senso ad un’altra giornata andata.
Ci sono stati dei momenti in cui ho odiato il telefono perché mi sono sentita un po’ “perseguitata”, sempre raggiungibile da persone con richieste sempre diverse e sempre urgenti..
..e poi le telefonate che facevo io; in casa a Castiglione non c’era segnale per cui tutte le telefonate le facevo dal fisso e ogni due mesi insieme alla bolletta tornava puntuale il pensiero di chiedere una scrivania, un telefono e un p.c per lavorare.
Chiedere a chi?
La sede di Proteo erano due stanze di passaggio al primo piano del palazzo della CGIL in Via Fillungo.
Due stanze in cui prendeva posto chi riusciva ad arrivare prima.
Accompagnavo e continuo ancora oggi a portare Paolo a scuola per cui la mattina non sono mai riuscita ad arrivare a Proteo prima delle 10.00, troppo tardi per trovare una postazione libera!

Quando lavoravo in Provincia avevo una scrivania, un telefono e un p.c.
Prima, non ancora sposata e senza figlio, con un contratto annuale su una miriade di progetti, mi alzavo alle 6.30 , alle 7.15 prendevo il treno per essere in ufficio alle 8.10, massimo alle 9.00.
L’ufficio era anche il luogo dove si facevano le riunioni convocando tramite lettera scritta e protocollata le persone coinvolte nei vari progetti.
Allora mi spostavo per qualche docenza in Versilia o nelle varie comunità del CEIS, a Nocchi, a Vecoli o Bicchio.
Poi la collaborazione con la Provincia è proseguita ma come libera professionista e su progetti pensati e proposti da me e altre colleghe.
I luoghi delle riunioni con le mie colleghe spesso sono state le loro case, altre volte abbiamo utilizzato, come clandestine, uffici di atre, di Proteo o del Centro P.O a seconda del nostro umore e della disponibilità.
Il passaggio da cococo a partita IVA è stato marcato dall’evaporazione dei luoghi di lavoro e dall’aumento dei contatti tenuti telefonicamente…
Il telefono, ancora il telefono…a casa o in macchina durante gli spostamenti.
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Telefonate sui progetti di ore; anche con le amiche -colleghe la priorità era data al lavoro e solo sul finire del discorso ci si concedevano due chiacchiere per raccontarci come stava andando.
Oggi per le riunioni mi sposto io, vado negli uffici, più o meno accoglienti delle persone con cui devo parlare.
La mia stanza da lavoro è lo studio di casa mia, dove, oltre al p.c. portatile ho un fax che fa anche le fotocopie.
Al mio vecchio cellulare se ne sono aggiunti altri due, un vodafone con un contratto fatto da Verano che mette in rete tutta la famiglia a prezzi vantaggiosissimi, un altro, di servizio, che mi è stato dato venerdì scorso dalla direttrice di Proteo.
Privilegio raro riservatomi in quanto coordinatrice di due servizi che coinvolgono complessivamente 10 operatori.

A differenza dei primi anni di lavoro ( il cellulare doveva rimanere sempre acceso perché poteva arrivare qualche proposta interessante, non si sa mai) oggi, l’esperienza e una maggiore sicurezza professionale mi consentono di non essere sempre in allerta: quando devo scrivere, ( un report, una relazione , un progetto) spengo il cellulare e a volte stacco anche il telefono di casa.
Mi capita con le persone con cui collaboro di organizzare a casa un pranzo o un tè di lavoro, così come capita di fare la riunione sul bando provinciale a casa di Silvia perché più tranquilla rispetto a Proteo dove, solo da una settimana , è stata allestita una stanza per le riunioni.

Non è possibile stabilire settimanalmente i giorni dedicati al lavoro a casa e al lavoro fuori, a parte la psicoterapia gli altri impegni si incastrano sull’agenda in modo flessibile, si spostano appuntamenti, ci si organizza con il marito o con la mamma per fare posto ad una riunione convocata all’ultimo momento.
In questa continua altalena, talvolta i due poli, dentro e fuori, tornano a configurare alternative di cui ormai sappiamo l’inganno:
- il fascino e l’ebbrezza di uscire di casa la mattina, cambiate, incontrare gente si scontra con la stanchezza di una corsa che ci vede arrivare sempre un po’ in ritardo;
- la promessa di un tempo più lento del lavoro a casa richiama dimensioni maggiormente rassicuranti, meno estranianti ma continuamente minacciate dal provare a mettere insieme un altro tipo di corsa, il rapporto di ricerca con la preparazione del pranzo e la lavatrice, o al suo opposto una lentezza che vira minacciosa verso la depressione.

Il lavoro fuori casa continua ad occupare un tempo consistente scandito da riunioni con i colleghi, i clienti, i committenti.
Altri luoghi, che pure hanno a che fare con il lavoro, rappresentano spazi di riflessione sul lavoro: il network a Milano, il cantiere a Reggio Emilia, il gruppo su giovani e volontariato.
Le riunioni con i colleghi e con i committenti costituiscono i momenti di confronto sul lavoro rendendo meno privato e più pubblico un percorso professionale in cui gli intrecci tra casa e fuori non sono solo rappresentativi di spazi in cui si svolge il lavoro ma sono anche espressione di una dinamica tra desideri/passioni individuali e possibilità di tradurli in azioni visibili che vadano oltre le mura domestiche, vs il mondo.
Sono momenti in cui il lavoro solitario acquista una visibilità pubblica; tracce di un percorso professionale che via via mi ha visto assumere ruoli diversi con competenze diverse.
Il desiderio che ancora mi spinge a fare un’ora di macchina per andare a Lucca per una riunione, un incontro, forse sta proprio lì, nella possibilità di sviluppare progetti insieme ad altri e mettere in gioco competenze maturate nell’intreccio tra dentro e fuori che è soprattutto dialettica tra desideri e possibilità di realizzarli.

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